Questioni di principio: The Contradictions di Sophie Yanow

Dopo aver letto The Contradictions di Sophie Yanow per l’ennesima volta mi sono chiesta se l’amicizia abbia o meno un potenziale radicale. Dopotutto, il modo in cui concepiamo la politica ha un effetto sul tipo di amicizie che stringiamo, viceversa il modo in cui intendiamo l’amicizia può influenzare la nostra pratica politica. La linfa vitale dell’attivismo, il motore che alimenta la lotta alle strutture alienanti che ci separano e ci allontanano, non sono forse i sentimenti di lealtà e solidarietà della sua rete? Organizzarsi, coinvolgere e mobilitare altrimenti non sarebbe possibile: è quando le persone hanno forti legami emotivi, si sentono a proprio agio, apprezzate e incluse, che diventa più facile collaborare e ispirarsi a vicenda mentre si persegue una causa comune.

È altrettanto vero, però, che vivere secondo i propri ideali è maledettamente faticoso. Nonostante il duro lavoro e dell’impegno, si possono commettere errori, o peggio, si può finire per contraddirsi. È grave? Io credo che l’attivismo perfetto e inflessibile non esista, quindi mi verrebbe da rispondere di no. Ostinarsi a inseguirlo non può che portare ad un fallimento, col rischio di farne magari una malattia. Il problema è che quando si lavora in gruppo e si agisce in gruppo è facile sentire la pressione del pensiero unico, lasciare che voci altrui si levino sopra la propria, zittendo ogni dubbio o volontà di mettere in discussione ciò che non ci sembra giusto. Quando queste dinamiche si frappongono tra noi e la nostra comunità può succedere che il potenziale amicale di cui sopra venga meno e i rapporti si indeboliscano; nascano conflitti interiori, discussioni, ci si allontani pure.

Sophie Yanow, che in gioventù ha sperimentato sulla sua pelle – come dice lei stessa – una “interessante dissonanza” tra le filosofie che le sue conoscenze di sinistra le avevano fatto conoscere e i modi in cui queste persone tentavano poi di implementarle nelle loro vite, insomma tra teoria e pratica, realizza questo fumetto ripensando al suoi tormenti del passato, per capire in che modo sono stati decisivi nella sua formazione politica e personale.

The Contradictions è una storia di formazione incentrata su un’amicizia imperfetta, tra personaggi imperfetti. La protagonista, Sophie, ha vent’anni e studia arte. Decide di volare a Parigi sfruttando l’ultimo scampolo del suo prestito studentesco per allontanarsi il più possibile dalla sua ex, dai corsi di teoria critica e ritrovare se stessa. Una volta arrivata, fatica a fare amicizia fino a quando non incontra Zena, coetanea che condivide la sua passione per le biciclette a scatto fisso e la politica radicale. Zena la introduce al pensiero anarchico e l’illegalismo e finalmente il suo disperato bisogno di comunità sembra appagato. Le due passano il tempo parlando della Comune di Parigi e di cibo vegano e durante le vacanze di primavera decidono di fare il loro primo viaggio insieme, in autostop, verso Berlino e ritorno. Nel corso della loro avventura Sophie si troverà a mettere in discussione i propri ideali, oltre all’entusiasmo iniziale per la visione del mondo di Zena. Diventerà presto evidente che non basterà la politica a tenerle unite.

Pubblicato online a puntate fino a poche settimane prima che scoppiasse la pandemia di Coronavirus, poi raccolto in volume da Drawn&Quarterly, The Contradictions è arrivato in un momento in cui amicizie e relazioni erano messe a dura prova dalla lontananza forzata. Per questo evocava una duplice nostalgia (almeno per il pubblico adulto). Una più immediata, per gli anni scolastici durante i quali complessità e contraddizioni erano all’ordine del giorno e c’era una gran voglia di mettere in discussione ciò che ci veniva detto sul mondo; un’altra più sotterranea, recente, per i tempi in cui la libertà di uscire e incontrare nuove persone erano a portata di mano, ma date per scontato. Passata l’emergenza Covid, quello che senza dubbio rimane di questo fumetto è la riflessione sulle complessità che derivano dall’essere, nella nostra epoca, persone impegnate politicamente.

Nonostante il personaggio di Sophie sia tranquillamente sovrapponibile a Yanow stessa, non si tratta tanto di autobiografia quanto di autofiction (“it’s fiction that originates in my life”). Molto è inventato o rimaneggiato per servire nel contesto di un più ampio arco narrativo.

Yanow è consapevole che anche le premesse stesse della storia siano, di per sé, una contraddizione. Entrambe le ragazze professano la loro radicalità ma hanno il privilegio di essere all’estero per un semestre, frequentano solo connazionali, possono chiamare i genitori quando il portafoglio sparisce, perdono il telefono o vengono fermate dalla polizia senza che questo abbia delle spiacevoli conseguenze. L’utilizzo di un registro fortemente autoironico le consente di smarcarsi dall’imbarazzo e narrare ogni cosa con commovente sincerità, senza omissioni di comodo.

Sophie (personaggio) rivela sin dalle prime pagine di aver scelto il suo programma di studio a Parigi soprattutto perché apprezzava la produzione a fumetti della Francia e non c’erano prerequisiti linguistici nella domanda da presentare in Università. Anche quello di Zena è un soggiorno studio, scelto per poter viaggiare con il suo ragazzo, che nel frattempo diventato il suo ex.

Le ragazze sono legate dal fatto di voler fare entrambe nuove esperienze, magari anti-sistema, e di volersi riprendere da delusioni amorose. Oltre a questo, poco altro. È un rapporto sbilanciato, il loro.

Sophie è ipnotizzata da Zena (probabilmente ha preso una cotta per lei) e all’inizio della loro amicizia fa di tutto per impressionarla: smette di vedere le conoscenti con cui visitava musei e locali, riformula la sua dieta e “allenta” i suoi standard morali – il taccheggio, prima impensabile, diventa una possibilità. Non riesce ad essere pienamente se stessa e questa sudditanza emerge con chiarezza durante il loro viaggio in autostop: lei vorrebbe comportarsi da turista ed esplorare le città in lungo e in largo, ma l’itinerario di Zena non lascia molto tempo per girovagare; anche i suoi buoni propositi alimentari iniziano a vacillare quando l’unico cibo vegano a disposizione lungo il percorso diventano le noccioline delle stazioni di servizio.

Invece di discuterne, Sophie trattiene il suo dispiacere fino a farlo diventare frustrazione. “If individual acts of rebellion are the path to revolution, then we suck at revolution”, si lascia sfuggire con Zena alla stazione di Berlino, mentre aspettano che un costoso treno le riporti a Parigi. Seppur lentamente, sta ammettendo a se stessa di aver finto di essere una persona che non è. E a cos’è servito? Come ha giovato alla causa? Nella mestizia, un’epifania: cose apparentemente contraddittorie possono coesistere nel nostro sistema di credenze, senza che questo imploda; tra il bianco e il nero esiste uno spettro di possibilità, non necessariamente cancerogene (su, stai svenendo di fame, mangiati ‘sto panino anche se contiene formaggio).

The Contradictions riprende tematiche da tempo care a Yanow come l’ansia di vivere e viaggiare contribuendo al cambiamento climatico (già viste nel suo What is a Glacier?, recensito qui sul blog qualche tempo fa). La tensione interiore del personaggio principale si riflette perfettamente nello stile con cui l’opera intera è disegnata – stile che abbandona l’immediatezza e la ruvidezza delle opere precedenti per sposare una linea chiara che sta dalle parti di Tintin e Joost Swarte. I corpi dei personaggi sono estremamente semplificati e costruiti con le forme più basilari: le teste sono cerchi troppo piccoli per i loro corpi, gli arti lunghi e larghi. Le figure appaiono allampanate e goffe quando si muovono per piegarsi sulle bici o sui sedili posteriori delle auto. Per comunicare idee e pensieri Yanow lavora per sottrazione, sfruttando semplici simboli come la spirale, che appare sulla testa quando qualcuno è frustrato e le bolle, che segnalano quando qualcuno è ubriaco.

Siamo animali sociali: subiamo l’influenza altrui, è inevitabile, specie se la nostra indole è curiosa e facilmente suggestionabile. Crescere, anche politicamente, significa non tanto conformarsi ad un’ideologia, quanto imparare ad applicare il nostro intelletto alla realtà in cui si viviamo, per capire in cosa crediamo noi e quali sono i nostri obiettivi. Contraddirsi fa parte del viaggio; è un male necessario per imparare che tipo di persona vogliamo diventare.

La fine dell’amicizia di Sophie e Zena non ci deve sorprendere più di tanto; non tutte le amicizie son fatte per durare. Sophie torna dalla sua famiglia parigina con qualche nuovo grattacapo, ma anche con maggiore consapevolezza di se stessa, del posto che vuole occupare nel mondo e delle persone che vuole avere al suo fianco. Yanow non ha scritto The Contradictions per insegnarci come vivere una vita integerrima (non ne ha nemmeno la pretesa). Ha usato il medium che conosce meglio per descrivere il momento in cui ha capito che compiacere l* compagn* non ci rende attivist* migliori, ma semmai – come dice bene Devon Price, docente, psicologo e attivista autistico – ci fa scivolare più velocemente verso il burnout. Le nostre identità non smettono mai di evolvere; se vogliamo sopravvivere e renderci utili in un mondo in crisi come il nostro, possiamo solo abbracciare le nostre imperfezioni, agire al nostro meglio e diventare migliori alleat*, migliori compagn*, migliori amic*.


Note:

• Nel 2019, The Contradictions ha vinto l’Eisner come miglior webcomic. È stato anche nominato per un Lambda Literary Award, un Harvey Award, un Ringo Award e un Publisher’s Triangle Award.

• Era già stato opzionato da Drawn&Quarterly prima ancora di essere lanciato come webcomic. Sophie Yanow ha insistito sulla possibilità di farlo uscire a puntate autonomamente, per metterlo a disposizione di un pubblico più vasto di quello della scena indie/alternative, che in genere è quella che si avvicina ai suoi lavori stampati. “Poterlo pubblicare online faceva parte del nostro accordo, ma penso che D&Q fosse abbastanza felice di supportare il percorso che volevo intraprendere.”

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