Malibu. La provincia italiana come stato mentale
Un giorno, quando avevo otto anni, mio padre tornò a casa da lavoro tenendo sotto braccio un libro che aveva comprato uscendo dall’ufficio. Era Schei di Gian Antonio Stella, e in copertina c’erano delle monete impilate su cui sedeva comodo il leone di San Marco. Si trattava di una disamina critica del boom economico che aveva investito il Nordest nella seconda metà del Novecento e che in quei primi anni Novanta inizia a mostrare segni di cedimento. Come avrei poi scoperto, anche tutti i genitori dei miei amici e compagni di scuola stavano comprando quel libro. Perché era così interessante da leggere? In sostanza il giornalista del Corriere della sera ci stava fornendo gli strumenti per capire come mai vivessimo tutti circondati da fabbriche, zone industriali e capannoni. E come il denaro (oltre all’orgoglio e alla famiglia) fosse uno degli elementi cruciali per “capire” la terra in cui vivevamo. Io sono nata e cresciuta a Schio, quindi capirete che c’ero dentro fino al collo.
Quando ho letto Malibu di Eliana Albertini, veneta come me, ma della zona del Polesine (Adria), ci ho ripensato subito. In Malibu, pubblicato a settembre da Beccogiallo, non ci sono palme, spiagge e celebrities, bensì una terrà umida e nebbiosa, fatta di rotonde ed edifici dismessi. C’è un’unica grande via di entrata e uscita ed è la Romea, strada statale 309. Una strada che in passato favoriva il passaggio dei pellegrini cristiani diretti a Roma e ora mantiene una certa funzionalità religiosa sebbene la meta dei pellegrinaggi sia diventata il night/music club del titolo.
Il libro si compone di piccole storie autoconclusive, accumunate dall’ordinarietà opprimente e sfigata della provincia italiana attraversata dalla Romea. Ci sono personaggi di età diverse, ragazzi, uomini, anziani – molti maschi e poche femmine, ma ci tornerò dopo – nessuno di loro ha una vita avventurosa, ma ciascuno di loro pensa di avere una vita speciale. Tutta la provincia è paese, e tutti ovviamente “i se conosse”. Per questo alcuni dei personaggi ricompaiono successivamente nella storia di qualcun altro, o li sentiamo nominare se sono assenti.
Maschi, dicevamo. Antonio è un timido adolescente, vessato dai suoi amici teppistelli in piena tempesta ormonale. Il Roccia lavora in cantiere, vive con la madre e ogni tanto “va a fighe” al Malibu. Il Mina invece gioca a poker online e la sera preferisce andare al Jimmy, con il figlio con cui gestisce l’allevamento di galline. Marco, che ha da poco raggiunto la maggiore età, ha perso la verginità con una prostituta (per volere del padre).
Fiorigi gioca alle slot tutto il giorno e quello che vince lo spende in Campari per i suoi amici del bar. Il Pera gestisce un ortofrutta e, giustamente, conosce tutti gli altri che la sera invita a bere a casa sua. I genitori del Pera sono anziani e la spesa la fanno al discount per “sparagnare”.
Le femmine sono comprimarie, sorelline, madri, nipoti, fidanzate, nonne. Vengono ignorate o, più ingiustamente, additate come pazze isteriche o fatte oggetto di violenza. Non è una provincia per donne, sembra dirci inconsciamente l’autrice, che dalla sua provincia è scappata dopo il diploma, per studiare a Bologna.
Sospeso tra Rovigo e Ferrara, quello descritto nel fumetto di Eliana è un luogo paradossale, come i suoi protagonisti. Paradossalità che l’autrice palesa già in copertina, abbinando un titolo e un disegno che in apparenza non hanno nulla da spartire, per generare un beffardo corto circuito cognitivo nei lettori (e forse persino per i librai e i distributori). All’autrice d’altronde l’ironia non manca, basta vedere il booktrailer.
Questo luogo, come tanti altri luoghi d’Italia, ha una sua specifica narrazione. Fatta di immobilismo, di noia (“Che palle. Non c’è niente. Non c’è mai niente che possiamo fare”), di mancanza di alternative. Di limiti che in alcuni casi generano conforto e sicurezza, in altri invece mostruosità.
Allora perché raccontarla? Parafrasando il famoso detto: puoi togliere una ragazza dalla provincia, ma non la provincia dalla ragazza. Questa empatia verso i luoghi e le persone è “inspiegabile” solo a chi con la provincia non ha mai avuto a che fare. È un sentimento comune ai figli della periferia, un affetto che emerge nonostante i km di distanza frapposti negli anni.
Autrice dalla personalità molto sensibile e curiosa, Eliana utilizza il fumetto per guardare dentro e oltre le cose del mondo, anche di quello minuscolo del Polesine. In Malibu, non sta giudicando le vite delle persone che descrive, e mi pare più interessata ad indagare i comportamenti di ragazzi e uomini (a scapito di quelli femminili) semplicemente perché sono quelli che hanno costituito i suoi stessi limiti.
Tutto quello che ha disegnato esiste. Dalla piazza al traliccio, dal benzinaio al cavalcavia con lo striscione della tombola. Sono immagini di luoghi, di oggetti ritrovati casualmente e cittadini colti nella normalità dei propri rituali che lei fotografa (metaforicamente, ma non solo) per raccontare l’esistente. Dopo numerosi assaggi offerti ai lettori e ai suoi fan tramite illustrazioni e piccole autoproduzioni, il suo interesse per il paesaggio in Malibu fiorisce libero, e fiero di allontanarsi dalle rappresentazioni convenzionali per ricercare piuttosto un’identità individuale e collettiva.
La cosa che mi ha fatto impazzire del libro sono i dettagli, e l’occhio chirurgico dell’autrice nel riportare la marca del berretto del Roccia (poteva non essere Charro?), le pile di patatine in sacchetto dell’Iperlando (ovviamente Crick & Crock), i “Malibù” che compaiono scritti sui camion o sulle t-shirt, da cercare con lo sguardo come fossero Waldo, o anche i cartelli delle case vuote, spettrali che sperano di essere comprate da qualcuno. Qualcuno che la provincia la voglia ancora scoprire, nonostante tutto.
Note:
• Assieme a Irene Coletto, Martina Tonello e Noemi Vola, Eliana Albertini è stata una delle fondatrici del collettivo Blanca. Il gruppo, nato nel 2014, si è sciolto dopo quattro gloriosi anni di autoproduzioni, dedicate per lo più ai piccoli lettori di età compresa tra 8 e 12 anni.
• Eliana ha pubblicato storie a fumetti anche per il sito Graphic News. Come il dietro le quinte della Children’s Book Fair di Bologna (Salvàti dai ragazzini) e un approfondimento sulla LIP Scuola, la legge di iniziativa popolare per una migliore riforma scolastica (Rifare la scuola).
• Nel 2018 ha vinto il premio “Nuove strade”, assegnato dal Comicon di Napoli ai talenti emergenti.
• Sono sue le illustrazioni della paper video cassette di Tinals dedicata al film di Spike Lee Do The Right Thing. Per me questo è uno dei suoi lavori più belli tra quelli usciti di recente. Qui potete vedere l’anteprima, e se si va acquistarla.