Queer: A Graphic History. Altolà alla normatività
Se c’è una cosa che ho imparato negli anni trascorsi a Soft Revolution è che non si può essere buoni alleati LGBTQ+ se non si conoscono il passato, il presente e i problemi attuali che colpiscono le persone LGBTQ+ nel mondo. C’è bisogno di leggere, ascoltare, aprire gli occhi – insomma, educarsi – sui linguaggi queer, sulla storia e i problemi di giustizia sociale. Anche se questo implica il più delle volte mettersi in discussione e rivedere in toto le proprie posizioni.
Quando uno dei miei contatti Instagram ha condiviso un estratto di Queer: A Graphic History (nello specifico, una fulminante citazione di Michael Warner, l’autore di The trouble with normal), ho capito subito che sarebbe stato un libro da recuperare alla svelta, per imparare qualcosa di più non tanto sull’attivismo quanto sul pensiero, la teoria, queer.
Queer: A Graphic History è stato pubblicato nel 2016 da Icon Books, una casa editrice indipendente nata a Londra negli anni Novanta e specializzata in non-fiction (saggistica, biografie) per un pubblico generalista. Queer è stato fin da subito un bestseller della loro collana “Graphic Guides”, ovvero guide dedicate ai grandi temi del pensiero moderno, però a fumetti. Pensateli come a dei bignami dove il contenuto è spiegato in modo semplice e il disegno utilizzato come ulteriore facilitatore di comprensione. Niente male, vero? In genere sono realizzati a quattro mani da una persona esperta dell’argomento cui si affianca un*artista per la resa grafica.
Queer: A Graphic History è stato pubblicizzato erroneamente come “graphic novel”, ma più che un romanzo è un vero e proprio libro di testo dedicato alla teoria queer; un oggetto didattico, sì, ma vi assicuro di molto più facile digestione.
È un fumetto che si avvicina con gentilezza all’argomento che ad un primo acchito potrebbe sembrare ampolloso e respingente (“nuove narrazioni, nuove riscritture della storia delle marginalità sessuali, varianti meno rispondenti alla necessità di promuovere la visibilità di soggetti binari semplici, e più rispondenti alla necessità di riconoscere configurazioni identitarie e trasversali più complesse e pluralizzate“) e ci offre gli strumenti per comprendere come siamo arrivati ad intendere identità, generi e sessualità nel modo in cui lo facciamo oggi.
Le autrici sono due attiviste: Meg-John Barker, accademica, e Julia Scheele, fumettista. Il motivo che le ha portate a scrivere questo libro, è spiegato da Barker con l’encomiabile limpidezza che caratterizza il suo lavoro da scholar:
Questo libro si occupa di rendere la teoria queer e l’attivismo queer accessibili ad un vasto pubblico. Ci sono alcune idee estremamente utili nel pensiero queer che raramente raggiungono le persone che potrebbero trarne beneficio, un po’ perché la lingua può essere piuttosto densa e un po’ perché la gente pensa che non sia rilevante a meno che non [ci] si identifichi come queer.
Il libro inizia subito fornendo alcune possibili definizioni di “queer”, come termine che ha assunto significati ed usi diversi nel corso della Storia.
Da parola neutra che nei paesi anglofoni del 1600 si usava per indicare qualcosa di strano (un sinonimo di “odd”, per intenderci) appena due secoli dopo era diventata un dispregiativo usato con violenza nei confronti degli omosessuali. Sono gli anni in cui Oscar Wilde viene definito frocio dal padre del ragazzo con cui aveva una relazione, che poi lo denuncerà per sodomia mandandolo in carcere.
Durante gli anni Ottanta del Novecento la riappropriazione di questa parola offensiva da parte delle comunità LGBT segna un’altra tappa importante per l’evoluzione del termine in orgogliosa auto-affermazione e differenza positiva. Oggi, nell’uso mainstream “queer” designa con molta semplicità una persona (di solito maschio) gay.
La “teoria queer”, invece, è più recente. Molti studiosi sono concordi nell’individuare come data di nascita il 1990, quando l’italiana Teresa de Lauretis, professoressa emerita dell’Università della California, aveva utilizzato quell’espressione nel titolo di una sua conferenza. Un intervento durante il quale aveva evidenziato la problematicità degli studi gay e lesbici, assieme alla divisione tradizionale tra sesso e genere.
Al centro della teoria queer si trovano invece le differenze multiple e le contraddizioni tra sesso, genere e desiderio sessuale. Si tratta di un’alternativa performativa e dissacratoria nei confronti della cultura eteronormativa dominante che, in sostanza, ruota attorno ai seguenti punti chiave: resiste la necessità di categorizzare le persone, sfida l’idea di identità essenziali, vuole superare ogni binario (uomo/donna; etero/gay; giusto/sbagliato), dimostrare come le cose sono contestuali (basate sulla geografia, la storia, la cultura di ciascun*), ed esaminare i meccanismi di esclusione, gli ordini gerarchici che si creano verso soggettività minoritarie.
L’argomento è complesso, mutevole, conflittuale e in continuo aggiornamento. Cristallizzarlo in un’unica opera sarebbe impossibile, ma le autrici lo chiariscono fin dall’inizio. Alla fine di ogni pagina sembra ci sussurrino “Non fermatevi qui, approfondite anche altrove!”.
Come ha scritto Maria Turchetto, è difficile spiegare le teorie queer perché “solo in parte sono elaborate nella quiete degli studi e dei laboratori; in larghissima misura [vengono] dalla furia dei movimenti e delle lotte”.
I disegni in bianco e nero di Julia Scheele, le linee pulitissime, i diagrammi e le frecce, sono preziosissimi ai fini della lettura e contribuiscono a rendere i concetti espressi meno astratti e lontani. Provateci a capire cosa significano “Eterosessualità compulsiva”, “Biopotere” o “Essenzialismo strategico” altrimenti!
Lo stile è ironico, mai caricaturale. Tra le mie pagine preferite, quelle su Judith Butler e Michael Foucault, che ho sempre ammirato, ma considerato piuttosto ostici nella lettura, e che qui vengono dissertati con estrema grazia ed abilità. Altri grandi menti citate nel libro sono Gayle Rubin, Sandra Bem, Adrienne Rich, Alfred Kinsey, Simone de Beauvoir, Audre Lorde, bell hooks, Kimberlé Crenshaw, Lisa Downing, Eve Kosofsky Sedgwick, Gloria Anzaldua, Susan Sontag, E.Patrick Johnson eccetera eccetera. Compresa ovviamente la sopracitata Teresa de Lauretis.
Il libro è inclusivo e non si tira indietro quando è il momento di segnalare le debolezze e le criticità del pensiero di alcuni “grandi”. Ci sono riferimenti all’eurocentrismo di Foucault, o al moralismo di Gayle Rubin e pagine dedicate agli scontri interni ai movimenti femministi, e tra movimenti femministi e persone transessuali (TERF alert!). Le autrici inoltre riconoscono che troppo spesso la discussione su questi temi è governata da gay e lesbiche bianche, cisgender e di classe media, che lasciano in disparte e trascurano le voci di persone disabili, di colore e sotto la soglia della povertà – e per questo discutono a più riprese il concetto di privilegio.
Nelle parole dello stesso editore, Queer: A Graphic History piacerà a coloro che si interessano di questioni LGBTQI, a coloro che consumano abitualmente cultura pop, si interessano di teorie critiche e vogliono vedere la società da una prospettiva differente.
Con tutte le risposte che contiene potrebbe – azzardo – cambiare la vita di coloro che sono ancora a scuola e magari hanno appena iniziato a fare chiarezza sul proprio genere e la propria identità sessuale.
Le autrici:
Meg-John “MJ” Barker si occupa da oltre un decennio di ricerca e divulgazione sulle tematiche legate a sessualità, genere e relazioni. Il loro lavoro accademico, così come il loro attivismo, si focalizza sui temi della bisessualità, della non monogamia aperta, del sadomasochismo, del genere non binario e della mindfulness buddista.
Artista non-binary di origine scozzese, fondatrice dell’ora-defunto collettivo di artiste indipendenti One Beat Zines (un dichiarato omaggio alle Sleater Kinney, loro band preferita) Julia “Jules” Scheele è specializzata in illustrazione didattica e concept design. Organizza da un paio d’anni il nuovissimo festival di fumetto alternativo di Glasgow, il Ghost Comics Festival.